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Siamo nell’epoca del complottismo spinto, spesso si sente parlare di vaccini che contengono microchip, farmaci attivabili dal 5G e tentativi da parte dell’Ordine Segreto Mondiale di gestire le nostre menti. Non è questa di certo la sede per discutere di queste amenità, che rappresentano la mancanza di buon senso e l’anti scienza e parliamo invece di cosa l’informatica può fare a sostegno della medicina. È di queste ultime settimane la notizia della sperimentazione di un microchip inserito nel cervello di una 38enne americana, Sarah, da qualche anno gravemente affetta da una forma severa di depressione che non ha risposto alle cure tradizionali e che ora pare stia bene. La fonte della notizia è seria, è stata pubblicata su Nature Medicine e parla della stimolazione cerebrale personalizzata; si tratta di una tecnologia che impianta nel cervello di pazienti affetti da depressione grave un microchip alimentato a batterie. È una specie di “pacemaker” per il Sistema Nervoso Centrale, un dispositivo capace di individuare i processi schematici dell’attività neurale, che corrispondono ai picchi di emozioni negative del paziente; la loro intercettazione produce l’invio di impulsi elettrici che regolano la produzione dei neurotrasmettitori che causano la depressione. Sarah ha avuto un netto e sostanziale miglioramento dei sintomi già dopo 12 giorni, con successiva e repentina remissione della malattia. La paziente ha dichiarato di aver vissuto un piacevole e duraturo cambiamento della sua visione del mondo, il dispositivo ha tenuto a bada la sua depressione, permettendole di tornare a prendere in mano la propria esistenza. Il metodo della stimolazione profonda del cervello era già usato per trattare il morbo di Parkinson, ora si affacciano interessanti applicazioni ad altre malattie neurologiche e psichiatriche; certo il metodo va affinato e soprattutto reso personalizzabile, perché ogni esigenza è specifica ed ogni paziente un caso a sé. I microchip impiantati nella donna sono stati inseriti in due diverse regioni del cervello dopo aver eseguito un’attenta mappatura dell’attività cerebrale attraverso indagini strumentali. Il suo encefalo è stato sottoposto ai diversi stimoli per individuare la sede idonea all’innesto e dopo l’inserimento del chip Sarah ha iniziato a ridere di gran gusto, cosa che non accadeva da tempo. Le due sedi sono quelle deputate alle emozioni e al meccanismo di ricompensa e nell’amigdala, il centro di integrazione dei processi neurologici superiori delle emozioni, coinvolta anche nella memoria emozionale. Questa zona dell’encefalo è anche attiva nel sistema di comparazione delle esperienze passate e nell’elaborazione degli stimoli olfattivi. Il primo chip è stato in grado di “spegnere” gli stimoli nervosi che conducevano alla depressione, il secondo a “predire” quanto i sintomi si manifesteranno. Questo pacemaker da cervello non produce una stimolazione continua, ma è programmato per rilasciare uno stimolo ogni tot secondi e ogni volta in cui rileva un’attività elettrica legata alla depressione. Per un informatico come me, leggere delle applicazioni in campo medico del mio lavoro mi riempie di orgoglio e di propositività verso le future ed infinite applicazioni che l’unione di questi due ambiti può produrre.