Un’importante mostra si interroga a Vicenza sul significato della pop art. Il termine pop art è l’abbreviazione di popolare art, arte popolare in cui popolare sta per “ di massa” nel senso che si appropria dei mezzi di comunicazione di massa e delle nuove tecnologie per creare opere d’arte. Nasce alla fine degli anni Cinquanta in Inghilterra e si sviluppa in America, all’inizio degli anni Sessanta, per ritornare in Europa, dove, in Italia, si arricchisce di notevoli suggestioni. La sua consacrazione avviene nel 1964 alla Biennale di Venezia, quando espongono le opere della scuola newyorchese della pop art.
La rassegna di Vicenza, curata da Walter Guadagnini, si intitola “Liberi di sognare a Vicenza” e rappresenta un viaggio nella generazione pop e beat esposto nella splendida cornice della basilica palladiana dallo scorso 2 marzo al 30 giugno prossimo.
Presenta quasi un centinaio di opere selezionate di trentacinque artisti che ricostruiscono le vicende della pop art in Italia, tra cui Mario Schifano, Tano Festa, Franco Angeli, Mimmo Rotella, Mario Ceroli, Pino Pascali, Fabio Mauri, Jannis Kounellis, Renato Mambor, Tiziana Maselli, Giosetta Fioroni, Laura Grisi, Roberto Barni, Umberto Buscioni, Adolfo Natalini e Gianni Ruffi.
I prestiti provengono da istituzioni museali tra i quali il Macro di Roma e la Galleria d’Arte Moderna di Torino.
Per la prima volta la Pop Art italiana arriva in mostra insieme alla cultura beat e alle sue espressioni dal Nord al Sud della penisola. Secondo il curatore della mostra Pop/Beat, Roberto Floreani, il termine “Neo futurismo” sarebbe quello più adatto a identificare la Pop Art italiana, una definizione che avrebbe avuto ragione di esistere, emancipandosi, prima di tutto, anche semanticamente dalla pop art americana e in secondo luogo dando valore alle dichiarazioni sul fronte futurista della ricerca di buona parte degli artisti presenti in questo progetto.
L’esposizione per la prima volta accosta l’arte visiva, che chiamiamo “pop” alle testimonianze musicali e letterarie della stagione beat italiana, con un affondo sull’attività dell’antigruppo di Nat Scamacca.
Nell’enorme salone della Basilica Palladiana sono presenti trentacinque tra i maggiori protagonisti che, a partire dai primissimi anni Sessanta, fino al 1979 ( data che per il curatore segna quale la fine di un sogno) hanno attraversato il grande boom economico, da Valerio Adami a Franco Angeli, fino a Cesare Tacchi ed Emilio Tadini. La rassegna mette in mostra circa un centinaio di lavori significativi, alcuni dei quali assai noti, come ‘Il Futurismo rivisitato’ di Mario Schifano accanto ad altri meno accessibili al pubblico perché provenienti da collezioni private. Valerio Adami ed Emilio Tadini sono figure determinanti di una ricerca di un’arte intesa come critica della società. I due artisti furono attivi a Milano grazie all’impegno dello studio Marconi. Valerio Adami ne “Il caso della cameriera di buon cuore” scompone le figure e propone l’ambiguità degli spazi in un interno; Emilio Tadini in “Vita di Voltaire. La recita dell’infanzia” del 1967 riduce le figure a ritagli e ricostruisce una narrazione allusiva dell’alienazione, proponendo una riduzione, un appiattimento delle forme, che è una riscoperta della filosofia dell’Illuminismo e quindi una critica voltairiana della società borghese.
Una particolare attenzione viene data alle opere pittoriche di grande formato, cui si affiancano sculture e installazioni, tra cui “Auto-lavaggio mentale”, grande tela di Valerio Adami del ’64 o le silhouette di Charles de Gaulle e del Gesto tipico Krushov dipinte da Sergio Lombardo negli anni 1961-1963.
La narrazione prende le mosse dai precursori quali Enrico Baj e Mimmo Rotella, per poi radunare gli esiti della Scuola di piazza del Popolo, che ha coinvolto artisti che hanno avuto un forte legame con la società di massa, in certi casi senza una esclusiva adesione alla pop art.
Non manca un focus sulla Beat generation, a partire dalla musica, che viene diffusa negli ambienti della mostra in loop. Sono esposti rari documenti originali di Gianni Milano, mentore del movimento, e le pubblicazioni dell’antigruppo siciliano guidato dalla figura carismatica di Nat Scamacca, che era in chiara opposizione con il Gruppo ’63 e con i legami che questo aveva con gli editori del Nord Italia.
Basilica Palladiana di Vicenza “Pop/Beat Italia 1960-1979” fino al 30 giugno 2024.
La mostra è visitabile dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18, ultimo ingresso ore 17.30.
Il progetto è ulteriormente arricchito da eventi collaterali realizzati ad hoc nei principali luoghi monumentali di Vicenza.