A centoquarant’anni dalla pubblicazione del libro «Le avventure di Pinocchio», la cui prima edizione apparve nel 1883, è ancora vivo l’interesse per il celebre burattino sorto dalla fervida fantasia di Carlo Collodi, pseudonimo di Carlo Lorenzini (1826-1890). Meno nota è invece la biografia dell’autore, che – prima di dedicarsi alla letteratura per l’infanzia – partecipa alla battaglia di Curtatone e Montanara durante le burrascose vicende del 1848.
Al ritorno dalla guerra, Lorenzini diviene un fervente seguace di Giuseppe Mazzini e imprime un indirizzo repubblicano al giornale «Il Lampione», pubblicato in una prima serie dal 13 luglio 1848 all’11 aprile 1849. Proprio su questo organo egli rivela uno spirito laico, contrario alle istituzioni monarchiche e favorevole ad un’etica del lavoro che costituisca il tratto distintivo di una nuova democrazia. Negli anni 1848-59, così densi di fermenti risorgimentali, diffonde il pensiero politico di Mazzini e la sua concezione dell’arte, della musica e del teatro.
Nel 1856 Lorenzini si firma per la prima volta con lo pseudonimo di Collodi e pubblica il romanzo «Gli amici di casa» e l’anno successivo «I misteri di Firenze», con cui denuncia la società toscana e i suoi guasti istituzionali. Due anni dopo, durante la Seconda guerra d’indipendenza, sollecita l’annessione della Toscana al Piemonte: una posizione che sostiene anche in un opuscolo polemico intitolato «Il Sig. Albèri ha ragione!…» e diretto a confutare le tesi federaliste di un docente dell’Università di Pisa. Il 15 maggio del 1860, sulla nuova serie del giornale «Il Lampione», Collodi ricorda ai lettori che «il nostro programma è l’Italia – l’Italia, una, libera, indipendente».
Raggiunta l’unificazione del Paese, Collodi rimane però deluso dalla politica della Destra storica (1861-1876) e condanna le imposte inique della tassa sul macinato e sulla ricchezza mobile in una serie di articoli usciti sul «Fanfulla» e raccolti nell’opuscolo «Occhi e nasi» (1881). Una denuncia che continua dopo l’ascesa al potere della sinistra di Agostino Deprètis con articoli critici che raccoglie poi nel volumetto «Note gaie» (1892).
Il profondo disgusto per la politica spinge Collodi a dedicarsi alla letteratura per l’infanzia, di cui dà prova nella traduzione delle fiabe di Perraut (1875), nelle fiabe «Giannettino» (1877) e «Minuzzolo» (1878), entrambi finalizzati a scopi educativi e preparatori del celebre romanzo su Pinocchio. La storia del burattino, trascinato dalla sua scapataggine in un guaio dopo l’altro, non nasce «ex abrupto» dalla fantasia di Collodi, ma da una lenta preparazione e da una mirabile operosità. Una vicenda, quella di Pinocchio, che è ideata in anni cruciali della storia nazionale, percorsi dal trasformismo politico, dall’ampliamento del suffragio elettorale e dalle prime agitazioni sociali. Il romanzo, che farà la gioia di intere generazioni, presenta una filosofia manichea della vita, confortata dalla saggezza dei proverbi, ma improntata ad una vigorosa denuncia della furfanteria e dell’ipocrisia dell’uomo.