“Non vi è abbastanza acqua per affogare un uomo, né abbastanza legno per impiccarlo, né abbastanza terra per seppellirlo. Quest’ultima è così scarsa che gli abitanti se la rubano l’un l’altro, e tuttavia il loro bestiame è molto grasso. L’erba cresce su pezzetti di terra di due o tre piedi quadrati nelle crepe del calcare, ed è molto dolce e nutriente”
Così nel 1651 un ufficiale dell’esercito di Cromwell descriveva il paesaggio che si trovò davanti durante una campagna militare. Immaginiamo una landa desolata, fatta di colline e depressioni, brulla, con crateri e rocce a perdita d’occhio. No, non ci troviamo sulla luna, né tantomeno in un romanzo medievale, bensì in un’area selvaggia e antica, incastonata nel cuore dell’Irlanda. Il Geoparco del Burren, è una zona geografica che si estende dal centro dell’isola fino alle coste dell’oceano Atlantico e per quanto sia caratterizzata da una conformazione prevalentemente rocciosa, essa, a seconda delle stagioni e dei settori, accoglie i suoi visitatori con una vegetazione unica nel suo genere. La distesa di roccia calcarea tipica di questo paesaggio, vede la sua origine centinaia di milioni di anni fa, a seguito della compattazione dei sedimenti del mare tropicale che in passato ricopriva una vasta area dell’isola: per questo motivo le rocce ospitano resti di coralli e fossili marini. La conformazione carsica, composta di canali scavati dall’erosione dell’acqua, i cosiddetti “Grikes”, donano al Burren quell’aspetto alieno e lunare accennato in precedenza e che fanno sentire chi li visita come viaggiatori temporali. I 63.000 ettari divenuti Parco Nazionale ospitano alcuni dei siti di maggior interesse, per lo più di tipo archeologico.
Pare infatti che i primi segni di frequentazione umana di questa zona risalgano a circa seimila anni fa: a conferma di ciò non è raro imbattersi in dolmen e lastroni di arenaria in posizione verticale, o impilati uno sull’ altro, come immobili e perenni testimoni di epoche più antiche delle piramidi, guardiani di una storia da tramandare. Il più famoso e fotogenico, il “Dolmen di Poulnabrone“, si presenta come una capanna di pietra, costruita con lastroni che sfiorano i quattro metri di lunghezza: risalente al neolitico, lo scavo e il conseguente studio della struttura hanno riportato alla luce i resti di più di 20 corpi, oltre ad un inestimabile tesoro fatto di oggetti in osso e ceramica, corredati da cristalli, quarzi e armi primitive. Il dolmen di Poulnabrone non è il solo sito funebre a portale presente nel Burren, ma la sua posizione sopraelevata rispetto al paesaggio ha fatto sì che, oltre a diventare il più celebre e simbolico, venisse scelto come luogo sacro tanto da essere sfruttato per riti e cerimonie fino al periodo celtico.
L’etimologia della parola Burren deriva dal gaelico “Boirean”, che significa letteralmente “luogo roccioso”. Fu poi descritto anche come “roccia fertile” a causa della rigogliosa vegetazione che prosperava tra le sue insenature carsiche. Sebbene il Burren, per l’appunto, risulti inospitale per lunghi periodi dell’anno, la vita prospera sia nella fauna, con numerosi mammiferi aborigeni tra cui volpi, roditori, ovini selvaggi, lepri e conigli; ma soprattutto nella flora. Il geoparco infatti ospita circa il 70% delle specie vegetali irlandesi e la pratica del “winterage”, ovvero il pascolo invernale, unitamente alle frequenti piogge, fa sì che il terreno sia sempre pulito da erbacce e fertile così che le fioriture prosperino ogni anno.
Il fascino del Burren risiede nella grande eterogeneità di specie vegetali che lo popolano, a partire dai fitti boschi di frassini e noccioli, passando per le numerosissime varietà di piante artiche, alpine e mediterranee fino ad arrivare alle innumerevoli tipologie di orchidee e alla genziana blu, simbolo della regione. Vi sono poi due luoghi di grande interesse geologico e naturalistico: le grotte di Doolin e di Aillwee. La prima, nei pressi dell’omonima città, è situata all’ estremità occidentale del Burren. Essa accoglie tra le sue sale, tanto primitive quanto suggestive, la stalattite più lunga dell’emisfero settentrionale che, simile ad un organo a canne naturale, misura oltre sette metri. Inaugurata nel 2006, le visite sono previste tutti i giorni per tutto l’anno ad eccezione del mese di gennaio, in cui l’accesso è consentito solo nei weekend. La seconda, di Aillwee, dal gaelico “grotta della parete gialla”, fu scoperta per caso da un cacciatore che ne rivelò l’esistenza dopo quarant’ anni. Le sue sale ospitano cascate sotterranee, formate dall’ erosione di acque glaciali, che hanno del prodigioso e il loro scrosciare rinvigorisce ed emoziona i viaggiatori che hanno il privilegio di scoprirle. Nel 2015 il Geoparco del Burren è entrato tra i siti UNESCO così da poter bilanciare l’afflusso sempre maggiore di escursionisti e proteggere il sito.
Vi sono sette percorsi segnati all’ interno del parco, che variano dal più breve di circa trenta minuti, al più impegnativo di circa tre ore. Le mappe dei suddetti tracciati sono facilmente scaricabili dal web. La magia del Burren risiede nei suoi mutamenti periodici, specialmente per ciò che riguarda la formazione di laghi e stagni temporanei più o meno grandi. Un’ ultima curiosità: secondo una teoria l’aura mistica di questo territorio ha ispirato grandi artisti tra i quali, forse, il più celebre è J.R.R Tolkien. Egli visitò spesso il Burren durante la stesura della sua opera maestra, “Il Signore degli Anelli” e forse, per coincidenza, uno dei suoi personaggi più emblematici, la creatura Gollum, prenderebbe il nome da una grotta situata all’ interno del Parco, la cosiddetta Pollnagollum.