Era il 1955. Lei era in Italia per girare Guerra e Pace di King Vidor. Nella celebre fotografia indossa un raffinato abito da cocktail rosa firmato Givenchy, mentre sullo sfondo si intravede una siepe fiorita nelle stesse tonalità. Lo sguardo è quello inconfondibile, sospeso tra innocenza e mistero: Audrey Hepburn, icona senza tempo, accoglie i visitatori della mostra dedicata a Norman Parkinson. Dopo essere stata allestita in Brasile, Canada e Portogallo, l’esposizione arriva finalmente a Torino, dove sarà visitabile fino al 29 giugno 2025. Le immagini sono ospitate nelle splendide sale barocche di Palazzo Falletti di Barolo, in un dialogo affascinante tra l’eleganza seicentesca dei decori e il glamour sofisticato degli scatti di Parkinson. Un’esperienza visiva che è un tributo alla bellezza. La mostra ripercorre sei decenni di storia della moda e del costume: dal rigore degli anni della guerra alla raffinatezza del dopoguerra, dalla rivoluzione culturale della Swinging London fino all’esuberanza degli anni ’80. In filigrana, emergono anche i cambiamenti sociali in Europa e negli Stati Uniti, con particolare attenzione alla crescente autodeterminazione femminile. Così Terence Pepper – storico curatore della National Gallery di Londra e autorevole esperto dell’artista – ha definito Norman Parkinson “il più conosciuto dei fotografi sconosciuti”. È sorprendente, infatti, come molte delle sue fotografie siano ormai iconiche, mentre il suo nome resti per molti ancora poco noto. Proprio questa mostra, curata dallo stesso Pepper, mira a colmare quel vuoto di riconoscimento. Considerato uno dei più influenti fotografi del XX secolo, Parkinson ha rivoluzionato il modo di raccontare la moda. È stato tra i primi a portare le modelle fuori dagli studi fotografici, scegliendo le strade, i paesaggi naturali o luoghi esotici come sfondo per i suoi scatti. Addio pose statiche: nei suoi lavori le modelle sono vive, in movimento, impegnate in gesti spontanei, immerse nella quotidianità. Il suo stile era originale, fresco, anticonvenzionale. Sceglieva modelle carismatiche e le invitava a “recitare” gli abiti: sorridenti o imbronciate, allegre o pensierose, sempre libere di interpretare. Così facendo, non solo esaltava l’eleganza dei vestiti, ma raccontava un vero e proprio stile di vita. Grazie a lui, le modelle da semplici indossatrici divennero protagoniste. Alcune, come Jerry Hall, diventarono vere e proprie star internazionali. Già nel 1939 – a pochi anni dagli esordi – fotografava Pamela Minchin per Harper’s Bazaar, mentre saltava su una spiaggia dell’isola di Wight in un costume d’alta moda: fu quella foto, come lui stesso raccontò, a fargli capire che avrebbe fatto il fotografo per tutta la vita. Celebre anche lo scatto Young Velvets del 1949, con quattro ragazze in cappelli elegantissimi che chiacchierano davanti ai grattacieli di New York. Ma la sua musa più importante fu l’attrice Wenda Rogerson, presentatagli dall’amico fotografo Cecil Beaton. Parkinson amava dire: “Nei miei sogni c’è sempre Wenda”. Fu sua moglie, collaboratrice, ispirazione. Indimenticabile lo scatto del 1951 per Vogue, in cui Wenda appare con un atteggiamento vezzoso, un ombrello lungo il fianco e l’aria di chi sfila per gioco. Le ottanta fotografie esposte – realizzate per le più prestigiose riviste internazionali – raccontano anche l’evoluzione del costume occidentale, dagli anni ’30 fino alla morte di Parkinson, negli anni ’90, quando lavorava ormai da freelance. Il suo sguardo seppe interpretare con sensibilità i cambiamenti in corso, cogliendo i primi segnali di emancipazione femminile. Come osserva Edoardo Accattino della società Ares, organizzatrice della mostra, le sue immagini rappresentano una donna nuova: forte, libera, consapevole. Parkinson fu anche fotografo delle celebrità: immortalò i Beatles, i Rolling Stones, Zandra Rhodes, Jean Muir. Lavorò con stilisti leggendari come Hubert de Givenchy e Yves Saint Laurent. Nel 1969 realizzò la foto ufficiale della nomina di Carlo d’Inghilterra a Principe del Galles, e fu grande amico della Regina Madre. Durante la Seconda Guerra Mondiale aveva servito la Royal Air Force come fotografo e, negli anni ’80, fu nominato Comandante dell’Impero Britannico. Una mostra imperdibile, per riscoprire l’eleganza e la visione di un artista che ha saputo raccontare la moda con grazia, ironia e straordinaria modernità.