Un’evoluzione storica non lineare
Sicilia, Casa Alliata a Palermo, finivano gli anni ’50, incalzavano i ‘60.
Federico, mio amico e compagno di scuola mi raccontava di Nonna Isabella, suo primo grande amore femminile, protagonista e star indiscussa di Casa Alliata. Bellissima Matriarca, con profilo di donna indiscutibilmente difficile.
Ne parlo con contezza di fatti rilevanti. Ebbi presto modo di conoscerla, di frequentare la casa e ne fui indiscutibilmente affascinato. Federico, fin da piccolo, e con qualche successo, aveva osato rimproverarla, e lei, osservandolo benevola di sottecchi, taceva. Credo che gli interventi del ragazzo cogliessero nel segno, ad esempio quando difendeva e proteggeva il nonno patriarca, personaggio burbero, ateo e socialista, che con Donna Isabella mai avrebbe osato aprire un conflitto familiare.
Il regno di Nonna Isabella, plenipontenziaria della politica interna di quella importante famigghia: donna aristocratico-borghese, palermitana di cultura tradizionale, sensibile alle arti, dedita al suo pianoforte, che teneva in bella mostra; alle pareti di casa quadri di pittori amati; importante innovatrice ma costante celebratrice di regole e tradizioni; era forte in lei, in mens et anima, la presenza di Papa Giovanni XXIII, il Concilio Vaticano II, il culto del “genio femminile” curato dal Pontefice.
Nonno Aldo impersonava il ruolo politico del democratico di casa; sostenitore dei venti di cambiamento, i suoi umori liberal-socialisti imprimevano spinta e rispetto al viatico femminile, sostenendo il ruolo della consorte.
In questo teatro familiare, Federico ed io fummo testimoni di scene esilaranti, per chi come noi passava dall’adolescenza alla giovane età alla fine degli anni ‘60.
La famiglia Alliata era strutturata come un sistema misto di poteri, matriarcali e patriarcali, favorito dalla personalità ricca e complessa dei capi famiglia.
In effetti, occorreva forza, temperamento ed equilibrio da parte maschile nel cedere così decisivo potere ad una donna così energica e importante, ma stessa forza, temperamento ed equilibrio occorreva all’elemento femminile nel riceverlo.
In quel Teatro Nonna Isabella aveva assunto nel tempo comando sempre più luminoso, spesso esteso all’ordinamento esterno della famigghia, dentro un duello mai scontato tradizione/liberazione, graduale ma irreversibile, capace di ridurre, talvolta azzerare, il potere del complice di casa, inconsapevole rivale.
Federico respirò, fin da adolescente, quel senso profondo di matriarcato; le specifiche dialettiche affidate a temperamento ed esperienze dei coniugi protagonisti; la contesa mulieris al potere patriarcale.
Studiando poi, più avanti negli anni, i regimi familiari in astratto, il giovane di casa pervenne alla conclusione che le famiglie più solide fossero appunto quelle come la sua, a sistema misto, dove il potere politico era nelle mani dell’uomo e il governo della casa, dei valori, degli affetti, dell’educazione, anche religiosa, fosse di stretta competenza femminile. Un equilibrio spesso virtuoso nel perseguimento degli scopi.
Ovviamente, da quelle vicende siciliane, erano distanti le rivoluzioni democratiche, il nord industriale, la stessa Torino, sabauda e operaia, città che presto, nel ’72, Federico avrebbe eletto definitivamente a città d’adozione, aprendosi a nuovi assetti di vita e a nuovi studi sulla società.
Torino, così via nel contrasto fra conservazione e progressismo, con le sue complesse sfumature nei due campi; capitale di tante eccellenze, in primo luogo del prospettico ruolo di capitale dell’integrazione nazionale.
Nel dopoguerra, fino agli anni ’60, l’altra faccia dell’emancipazione femminile, quella democratica, andava lentamente declinandosi dentro lo sviluppo economico, modelli di cui la Sicilia riceveva solo i riflessi dei nuovi tempi proiettati all’orizzonte.
Il ’68: al sud d’Italia la rivolta si manifestò come rivolta di costume, rispecchiandosi nell’immagine lontana delle rivolte operaie e studentesche.
Quindi i decenni di fine secolo, l’informatizzazione, sommovimenti che facevano da sfondo alla prospettiva della saga familiare.
Il conflitto di potere continuava, aggiornandosi, rendendo i giovani spettatori curiosi e attenti, quasi sociologi, delle vicende di tre generazioni.
Ma torniamo al Matriarcato di Nonna Isabella, le prime due generazioni avevano sofferto l’assenza di successione allo strapotere del modello della Matriarca.
La prima generazione in particolare, quella dei figli, era stata davvero un disastro.
Il potente ruolo dell’ava imperversava contro autonomia e dignità delle donne che entravano in famiglia. Il figlio maschio archetipo della Matriarca (i figli maschi erano tre) desiderava una moglie che la raffigurasse, forte ma rispettosa di alcune prerogative maschili, capace di amministrare potere ma rassicurante. Il vento democratico, sempre più negli anni a venire, rendeva l’obiettivo velleitario; il mondo cambiava velocemente; saltavano gli equilibri emotivi e di ruolo.
La seconda generazione, quella mia e di Federico, soffrì ancora e a lungo, elaborando lentamente ma con fatica nuovi modelli sperimentali. Fu aiutata e accompagnata dalle spinte sociali progressiste dell’epoca, il nuovo diritto di famiglia, le legislazioni su divorzio e aborto, il superamento di odiose normative contro la donna come il delitto d’onore e l’adulterio.
Giungiamo, oggi, alla terza e ultima generazione, sono evidenti segnali interessanti e incoraggianti. E le storie valoriali familiari accompagnano i cambiamenti, che prima o poi germogliano, conferendo tutto il loro peso nella formazione dei giovani.
E al di là dei riferimenti romanzati della saga familiare, se anche soltanto un fiore nasce in un prato, allora il prato può fiorire.
Maggiore la consapevolezza di oggi; la donna è entrata definitivamente all’interno di uno schema nuovo di emancipazione reale, pur fra tante e note difficoltà sociali, di ricerca tenace e organizzata della parità, fuori dal gioco del mondo antico degli equilibri di poteri consueti, fra tradizione e libertà, fra patriarcato e matriarcato.
La società si è evoluta, adesso tocca alla politica dare una nuova spinta, potente come fu quella degli anni ’70; le giuste risposte adeguate ai tempi, ai nuovi ruoli della donna nella società, alla pari dignità nel lavoro, e alla difesa da un mondo maschile divenuto oltremodo violento, dentro la sconfitta storica del patriarcato.
Federico, da spettatore attento, fin da giovanissimo, fu riconoscente a Nonna Isabella, avanguardia tradizionalista delle nuove conquiste femminili, ma anche a Nonno Aldo, progressista/conservatore, complice, forse un po’ ingenuo e inconsapevole dei cambiamenti e del futuro ruolo della donna.
L’inconsapevolezza dei padri dei processi in atto fu cosa che risultò progressivamente del tutto evidente: neanche gli uomini migliori avevano saputo connettere i movimenti del pianeta donna all’idealità politica, all’idea di una connessione profonda fra ruolo sociale della donna e sol dell’avvenir.
Insomma, si … non le abbiamo viste arrivare …